Antropophagus (1980)

Anno di uscita
1980
Titolo originale
Antropophagus
Regia
Joe D'Amato
Genere
slasher, splatter, cannibali
Cast
Tisa Farrow, George Eastman, Zora Kerova, Vanessa Steiger
Durata
87'
Paese
Italia
Voto
9

Alcuni titoli per anni hanno girato nella mia mente, tanto da diventare col passare del tempo leggendari, irraggiungibili, impossibili da ottenere. Superato il periodo in cui potevo guardare solo gli horror che passavano in tv o quelli che riuscivo a racimolare in VHS presso il videonoleggio del mio paese, sfruttando internet e gli ordini online ho finalmente avuto modo di iniziare a recuperare uno dopo l’altro tutti quei titoli sui quali a lungo avevo solo potuto fantasticare, magari per una citazione su una rivista o su un dizionario del cinema di genere. Antropophagus ed il nome di Joe D’Amato rientrano di diritto nel novero di quei film ardentemente desiderati, in grado di accendere in me una curiosità morbosa che, finalmente, sono riuscito a saziare.

Il contesto storico è palese: in Italia è esplosa la mania dei cannibal movie, portati in auge dai primi, seminali lavori di Umberto Lenzi e di Ruggero Deodato, oltre che a quelli di Sergio Martino e di Marino GirolamiAristide Massaccesi, vero nome di Joe D’Amato, da sempre instancabile sperimentatore di generi e prolifico regista, coglie al volo l’opportunità e nel 1980 diresse Antropophagus, realizzato in circa un mese di riprese tra Atene, Nepi, Sperlonga e Sutri. Il film, manco a dirlo, provocò violente reazioni e censure implacabili, oltre ad essere sospettato di essere uno snuff movie per via di una scena di cannibalismo. Inutile dire che, come nel caso di Cannibal Holocaust, tale accusa si rivelò immotivata e contribuì anzi a creare un alone di leggenda attorno al film, elevandolo allo status di cult che continua a mantenere a trent’anni di distanza.

Il prologo mostra una coppia di fidanzati che passeggia per le viuzze di un paesino arroccato, composto da case semplici completamente bianche, che rimandano subito la mente alla Grecia. Ed è proprio di un’isola greca che si tratta, infatti. I ragazzi si avviano verso la spiaggia, e mentre lei fa il bagno, lui si stende a prendere il sole ascoltando musica in cuffia. La colonna sonora, un respiro affannoso e le inquadrature dalla visuale della minacciosa presenza fanno intendere che qualcuno li sta spiando e che sta per aggredirli. L’azione si sposta su un gruppo di amici pronti a dare il via ad una vacanza in un arcipelago greco a bordo della nave di un altro amico di nome Alan. A loro si aggrega Julie, una ragazza conosciuta per caso e diretta presso un’isola per passare le vacanze con una famiglia francese. Nasce così l’idea, condivisa da tutto il gruppo, di accompagnarla e di visitare l’isola, descritta da Julie come un paradiso, nonostante Carol, da sempre appassionata della lettura delle carte e dotata di un animo particolarmente sensibile, cerchi di avvertire gli altri che recarsi in quel luogo non è una buona idea. Leggendo le carte a Maggie, la donna incinta interpretata da Serena Grandi (qui accreditata con lo pseudonimo Vanessa Steiger), che chiede previsioni sul futuro del bimbo che sta per nascere, Carol si rifiuta di parlarne, dicendo in seguito che non vede un futuro per quella creatura.

L’arrivo sull’isola è seguito dall’immediata scoperta che il caratteristico villaggio, già visto nel prologo, è completamente abbandonato, eccezion fatta per una donna che fa perdere le proprie tracce non appena viene avvistata. La situazione è inspiegabile, ed anche la coppia francese presso la quale Julie doveva recarsi sembra sparita nel nulla. Il clima di crescente tensione è costruito con grande maestria da D’Amato, che con pazienza e con tutti gli elementi al posto giusto fa sì che fin da subito lo spettatore viva uno stato d’inquietudine che si mantiene costante, e che raggiunge i picchi con le apparizioni del “mostro”, un cannibale dall’imponente stazza e dal confuso ed abbozzato passato che cercherà di far fuori, uno dopo l’altro, i membri della sfortunata comitiva. Indimenticabili le crudissime sequenze in cui il cannibale, interpretato da George Eastman – altro pseudonimo – estrae il feto dal corpo della donna incinta e lo addenta, e quella in cui divora le proprie stesse viscere, in un atto di autocannibalismo.

La sensazione che si ha guardando Antropophagus è quella di una marcia funebre verso l’ineluttabile morte. L’atmosfera è greve, quasi sempre diurna ma di grande effetto. La presenza del “mostro” è incombente e la sua avanzata inarrestabile; inoltre, la sua aura è costruita con alcune fugaci scoperte riguardanti il suo passato, che lo legano anche alla donna intravista in paese. Un flashback narra l’arrivo sull’isola da parte dell’uomo e tenta di dare una motivazione al suo agire folle, adducendo tuttavia motivazioni poco credibili alle sue azioni efferate e fuori controllo. Una piccola menzione la merita la presenza della scrittrice Margaret Mazzantini, sotto pseudonimo e nei panni della giovane figlia della coppia francese, sopravvissuta alla mattanza e terrorizzata. Antropophagus è un cult movie a pieno titolo, degno di fregiarsi della definizione di film leggendario non solo per l’alone quasi mistico che porta con sé, ma in virtù di una realizzazione impeccabile. Gli effetti sono praticamente nulli e limitati alle scene splatter, che sono nel complesso meno di quante se ne potrebbero immaginare. Il film è girato con gusto estetico e con grande intuito sia dal punto di vista delle inquadrature che del setting, imponendosi senza dubbio come uno dei più riusciti e macabri esperimenti di D’Amato, che mischia un po’ di elementi slasher al nascente filone dei cannibal movie dando vita ad un risultato di grande impatto.

Antropophagus (1980)
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